I GRANDI DEL’ASTROLOGIA ITALIANA: MARIO ZOLI
Uomo colto e raffinato, i suoi molteplici interessi di moderno “umanista” lo hanno portato a indagare e ad approfondire campi svariati di ricerca e a spaziare nell’universo della letteratura, del mito, dell’astrologia, con frequenti incursioni anche nel campo della scrittura, della poesia e della rappresentazione teatrale.Fondatore e condirettore, fin dal 1978, della rivista di astrologia Zodiaco, vi ha pubblicato studi specifici (Il segno della Vergine) e personalissime rivisitazioni di grandi personaggi (G.Puccini, F.G. Lorca). Dal 1980 al 1987 è stato delegato CIDA (Centro Italiano di Astrologia) per la provincia di Ravenna e membro del Consiglio Nazionale. Ha preso parte ai Congresso Nazionali di Palermo (1982), Salsomaggiore (1984), Milano (1987).
Le sue pubblicazioni:
Il segno della vergine, Armenia, Milano 1982;
I fenomeni e i pronostici di Arato, Arktos, Torino 1984;
Il tempo e la parola (antologia di epica), Bulgarini, Firenze 1994;
Luminose Stagioni (scritti e poesie), Moby Dick, Faenza 1966.
(cenni biografici da Zam.it)
Leggiamo insieme il ritratto che fa di lui Dante Valente,l’attuale presidente del Cida in Italia
DALL’ARCHIVIO CIDA
RACCOLTA DI ARTICOLI PUBBLICATI SU LINGUAGGIO ASTRALE CON AGGIUNTE INEDITE,EDITO !N OCCASIONE DEL III CONGRESSO INTERNAZIONALE FAES Milano 6-7- novembre 2004
INTRODUZIONE
Molti di noi serbano intatta l’emozione di un incontro con l’indimenticato Mario Zoli (1939-1995), personaggio di primo piano dell’astrologia italiana, uomo di grande cultura, poeta e regista teatrale, per la sua straordinaria intelligenza, il suo eloquio affascinante, la sua maniera, chiara e al tempo stesso profonda, di esporre concetti e nozioni, come accade a chi conosce a fondo l’argomento di cui sta parlando, e non ultima la sua grande umanità. Ed è sicuramente questa la qualità che traspariva maggiormente dal suo essere e che i suoi allievi, partecipanti ai corsi di astrologia o agli spettacoli teatrali oppure studenti dei banchi di scuola, ricordano con maggiore intensità.Dedichiamo questo scritto soprattutto ai nuovi soci, perchè da questi suoi scritti – troppo pochi per la verità, rispetto al suo scibile – possano farsi un’idea del suo modo cosi’ folgorante e intenso di affrontare temi relativamente comuni.Zoli fu cofondatore e condirettore, insieme ad Armando Billi, di “Zodiaco”. Una rivista veramente innovativa per quel periodo, perché dal 1978 al 1981 raccolse le ricerche di studiosi, che negli anni seguenti si sarebbero rivelati fra le voci più significative del nostro panorama astrologico ,quali i lavori su Lilith di Roberto Sicuteri e della moglie Tina, alla decifrazione dello zodiaco di Lisa Morpurgo, alle statistiche di Ciro Discepolo, per non parlare degli articoli di André Barbault, all’epoca già all’apice della sua fama. Questa serie di interventi, proposti sulla rivista, insieme a quelli magistrali dello stesso Zoli, hanno permesso a molti della mia generazione di crescere nel sapere astrologico e all’astrologia italiana di fare un vero e proprio salto di qualità. Senza dimenticare che tutto ciò avveniva in un periodo nel quale non esistevano opere di investigazione, mentre le traduzioni dei testi di autori stranieri si contavano sulla punta delle dita.Per questo ci sentiamo di affermare che sicuramente Mario Zoli ha lasciato un segno indelebile nell’astrologia in Italia e ciò è avvenuto, oltre che per quanto già esposto, soprattutto per la maniera tutta speciale, di trattare il “simbolo” come una sorta di “dono”, che gli permetteva di renderlo visibile, vivo e parlante al nostro interno. E’ sempre una emozione (e avviene abbastanza di frequente) incontrare persone che hanno ascoltato una sua conferenza o che hanno avuto modo di incontrarlo e che sempre confermano di portare ancora impresso, dopo tanti anni, il ricordo di quella meravigliosa esperienza. (Dante Valente e Claudio Cannistrà)
LA DISSONANZA LUNA-SATURNO di Mario Zoli
Il rapporto Luna-Saturno era un argomento che stava molto a cuore a Mario Zoli; su questo tema egli tenne tre Seminari uno a Brescia, uno a Montesilvano e uno a Bologna, oltre a scrivere alcune piccole ricerche, che non sono mai state pubblicate. Il presente testo si riferisce al Seminario tenuto il 21 e 22 novembre 1992 a Bologna, di cui sono rimaste le registrazioni. Purtroppo il parlato non è lo scritto, ma ho preferito modificare solo il minimo indispensabile, lasciando l’integralità del testo, per riportare il più possibile in maniera fedele le parole di Mario. Ho ripreso il grafico di Giacomo Puccini dallo studio wikipediacompiuto da Mario sul composito-re, pubblicato sul n. 4 di Zodiaco del 1980. Ringrazio inoltre la nostra socia Benedetta Lorusso, che mi ha aiutato nella prima trascrizione delle cassette. Gli spunti di riflessione non mancheranno per tutti, ma coloro che hanno assistito a qualche conferenza di Mario, vi ritroveranno alcune delle sue geniali intuizioni. Credo, inoltre, che questo lavoro possa essere di grande aiuto, per il suo aspetto didattico, a coloro fra i nostri lettori, che si sono avvicinati da poco all’astrologia. [..]. E per il futuro, è nostra intenzione cercare di pubblicare altro materiale inedito, che Mario ci ha lasciato.
[..] Dunque il medesimo simbolo lunare mi rappresenta sia la figura ma-terna, cioè come il bambino introietta la figura della madre, sia quali sono le attese, che la madre proietta sul figlio. Non sempre occorrono parole, le attese più tremende sono quelle che non vengono espresse con le parole. Ad esempio, la madre che offre di se un’immagine di donna stanca, fallita, malata e dice al figlio: «Pensaci tu, se hai la fortuna, io mi sono tolta il pane di bocca, ecc. ecc.», non gli dice in maniera esplicita: «Tu devi avere successo…». Ma questo adolescente, che vede questa donna delusa ed amareggiata, che ha avuto cura di lui e che gli ha dato tutto per farlo crescere, organizza in se una forza enorme di rivincita, non tanto per se, ma per «lei», per risarcirla delle sconfitte che ha subito nella vita. Bisognerebbe essere insensibili per non sentire questo appello, anche se ufficialmente la madre non ha mai detto al figlio in maniera esplicita: «Diventa qualcuno, ripagami dei sacrifici che ho fatto, o della mia vita che è fallita». Ma questo silenzio funziona. Ed allora torna benissimo l’analogia: Luna-figura materna-folla e quindi «successo popolare».
Luna in Cancro e Luna in Capricorno
Qui, vorrei aprire una piccola parentesi. Non fatevi guidare da una didattica troppo rigida dell’astrologia. Per esempio. si afferma che la Luna in Cancro è in casa sua ed è potente; però, molti uomini famosi hanno una Luna in Capricorno! E in genere messa anche molto male. Quindi, non abbiate terrore del quadrato o dell’opposizione, non fate come facevo io all’inizio, che si stava a discutere se «quel» quadrato andava o non andava considerato, perché l’orbita era al limite. Poi nella pratica si verifica che tutte le persone, che sono diventate qualcuno (premi Nobel, ecc.), hanno forse più dissonanze che consonanze; le croci, le prove, evidentemente ci devono essere!Personaggi importantissimi nel campo della poesia, dello spettacolo hanno spesso una Luna mal messa in Capricorno. E il caso di Giorgio Strehler (Leone Ascendente Leone con una Luna in Capricorno); il Fuoco non gli manca, così come il talento artistico, che gli consente di mettere in scena regie fantastiche. Però al secondo giro di Saturno, intorno ai 60 anni, ha messo in scena tutte queste regie in bianco, bellissime, sognanti. meravigliose, fatte con una delicatezza estrema, direi quasi ma-terne. per un uomo che ha anche fama di essere tremendo. duro, dittatoriale. Il bianco è un colore lunare e saturnino: il bianco è il colore della nascita. ma è anche il colore della morte; nulla è più angosciante del bianco. Bianco è infatti il colore del latte e bianco è il colore dello schermo, che aspetta la proiezione: ma anche l’obitorio è bianco. C’è una strana analogia su questo asse Cancro/Capricorno: la Luna partorisce e dà la vita. ma le Dee della morte sono sempre femmine, vestite di bianco e tagliano. Non solo, ma a questo punto verrebbe da chiedersi. il sesso di Saturno deposto, qual’è? E ancora maschile dopo la castrazione o è qualcosa di in-definibile sessualmente?Ora questi personaggi, che sono riusciti a diventare qualcuno, pur avendo una Luna male aspettata, cosa hanno fatto? Hanno proiettato sulla folla l’attesa di un calore, di un abbraccio. di un conforto, che non sono riusciti ad avere nella loro infanzia; non perché abbiano avuto necessariamente una madre cattiva, ma semplicemente perché la madre non ha potuto dare calore, per mille motivi diversi perché era malata, lontana, sacrificata, assente, triste, ecc.. Il bambino non può elaborare una contro aggressività verso sua madre, ma non può neanche gioire per un sorriso mancato, per una carezza non ricevuta; scatta allora la compensazione.Ricordo una scena nel «Campiello» di Goldoni con la regia di Strehler,in cui la protagonista Gasparina, una ragazza povera, che desidera essere fine e a modo, va a sposare uno spiantato napoletano. La scena rappresenta prima la festa di nozze con gli invitati che ballano, poi poco a poco la musica rallenta, gli invitati si stancano, la scena si sfalda all’improvviso e, con un colpo di genio, il regista fa venire giù la superficie della casa; gli attori rimangono soli nella piazza, mentre comincia a cadere la neve. Il regista riesce a trasmettere in un attimo con un cambio della scena una desolazione infinita, il senso di freddo. di malinconia, di abbandono. il tutto non con la battuta dell’attore, ma con questa atmosfera: la neve che viene giù, un gioco abbandonato all’improvviso, la malinconia che compare, la festa che si rivela un’impostura.Ecco cosa è in grado di creare una Luna mal messa; non dà sterilità o freddezza. La freddezza è stata vissuta negli anni dell’infanzia, ma ora c’è la reinvenzione, forse la memoria di questa freddezza, perché la scena è fredda, però l’emozione che il regista riesce a trasmettere al pubblico è quella di una fratellanza nuova.Lo stesso accade a Fellini, altro grande regista con la Luna in Capricorno. Nel suo film «Casanova», la bambola bianca, meccanica, che danza sul ghiaccio, che torna ad incontrare il protagonista, è chiaramente una metafora lunare di morte. Direi che è quasi necessaria una frustrazione in principio perché poi ci possa essere una ribellione. Noi, infatti, diciamo successo = casa decima. Ma non è sempre così; la casa decima indica un movimento ascensionale verso l’alto, verso la cima della montagna e quindi dovete leggere il rapporto come una grande partenza dalla parte più bassa. Vado sulla cima della montagna perché mi piace l’altitudine, il vento, il freddo? O perché è il punto più lontano dalla culla? In effetti è per tutte e due le cose. Infatti ogni moto «a» luogo, a saperlo leggere, è anche un moto «da» luogo; ogni moto verso un luogo è anche un moto, che ci allontana da un altro luogo: ogni salita verso la montagna è un distacco dalla culla, ma, sembra un paradosso, è anche un’obbedienza all’esperienza, che abbiamo avuto nella culla. Ma una volta giunti lassù sulla vetta del successo, se vi spingeva la paura della culla, quella culla abbandonata vi torna in mente. Ecco perché è raro trovare la Luna in Cancro in uomini famosi; hanno avuto tutto nell’infanzia, il bacio, la carezza, la coperta imbottita, il maglione, la marmellata, ecc. ma si sono fermati lì. Perché cercare altrove una felicità, che si possiede già? Saranno coloro che a 60 anni dipendono ancora dalla mamma e vengono chiamati «il mio bambino»…. Esiste un rovescio della medaglia; il tutto subito, determinato da pianeti troppo favorevoli, comporta lo svantaggio di non darvi grinta, di non darvi rabbia, di non farvi cercare sostituzioni e gratificazioni e quindi può far rinunciare all’«ascesa».Un’altra analogia lunare è la «Madre Patria»; tutte quelle parole doppie, in cui la prima è «madre» appartengono alla Luna: la «Madre Patria», la «Madre Lingua», la «Madre Chiesa».Molti sacerdoti hanno la Luna predominante e sono quelli devotissimi alla Beata Vergine, specie poi se la Luna non è ben aspettata; il che può significare un rapporto non gratificante con la vera madre, dove la Vergine, benefica, incorruttibile e inattingibile, sostituisce lassù nel Cielo una madre invece corruttibile, imperfetta, carente, che c’è stata. La «Madre Patria» è la Terra dei padri, che però appartiene alla madre. Guardate come quest’anima femminile della Patria viene agitata in caso di guerra! Se leggete certi discorsi che si sono fatti prima della prima guerra mondiale in Francia e in Italia per convincere la moltitudine a prendere ie armi, vedrete che vi si agita una battaglia femminile. In questi scritti, la Patria viene vista come una donna, che sta per essere profanata dall’invasore; ad esempio «Volete che le vostre sorelle, mogli, figlie vengano disonorate? Non avete sangue nelle vene? Non siete uomini?» e così via; con discorsi di questa potenza si infiammano le piazze, tanto forte è l’intensità di questa nota, quando viene suonata. La «Madre Patria», la «Madre Chiesa», la «Madre Lingua»; tutte le ricerche che si fanno sul passato della «Nazione», siano esse storiche, archeologiche, filologiche. relative alla tradizione, ai detti popolari, alle fiabe, appartengono alla Luna, perché danno il senso della forza della tra-dizione nazionale o del gruppo etnico.Nella casistica mi viene in mente, a questo proposito, la romanza «Casta Diva», che rappresenta il momento topico di un’opera famosa, la Norma di Vincenzo Bellini. Casta Diva è la Luna, e qui vi è quasi la stessa aggettivazione che usa il Leopardi nel suo «Canto notturno di un pastore»; la Dea pura e inattingibile è la Luna. Norma, la protagonista, canta sotto le querce ferma, immobile, in abiti bianchi, questa splendida romanza: melodia struggente, malinconica, sinuosa, forse non immediatamente orecchiabile, eppure avvolgente, tipicamente lunare. Qui ci viene in aiuto il grande condottiero romano Cesare. Secondo Cesare, i Galli hanno un calendario che si basa sulle notti e non sui giorni; noi diciamo che la notte è l’intervallo fra due giorni, per i Galli è il contrario; le cerimonie più importanti si svolgono al plenilunio. Qui esiste un matriarcato sacerdotale collegato alla Luna, e Norma, come le antiche sacerdotesse, implora la benedizione del Cielo prima di una grande impresa (c’è stata una dichiarazione di guerra) al plenilunio, simbolicamente «l’occhio del cielo». Altro esempio, per restare nel campo della musica, è il tema di Giacomo Puccini. L’ultimo dei grandi compositori del melodramma, pur essendo un Sagittario, è nato con la Luna in Cancro, seduta sul Medio Cielo; una splendida Luna trigono a Nettuno, aspetto che da solo, rappresenta tutto quello che è sensibilità, recettività, invenzione, memoria.Privatamente Puccini era un uomo che amava lo sport. la caccia, le auto veloci, ecc., come ci dicono Sole, Marte, Urano, ma l’Anima, come ci dice la sua Luna, era improntata al femminile fino ad esserne schiacciata.Colpisce per chi conosce tutta l’opera di Puccini, vedere come egli rimanga sempre fedele a quel tipo di personaggio femminile; non c’è evoluzione. Puccini canta sempre la stessa nota, tranne forse alla fine della vita. Nell’ultima opera incompiuta il personaggio femminile si sdoppia. Liù-Turandot. Da una parte Turandot, la datrice di morte (dove il bianco è morte e rappresenta il ghiaccio saturnino), dall’altra la povera ancella Liti, che a differenza delle sue «sorelle» protagoniste di opere precedenti, muore non per aver vissuto l’amore, ma soltanto per aver amato. Gli altri personaggi femminili di Puccini vengono anch’essi puniti con la morte, ma per aver vissuto l’amore.Ora qui abbiamo una figura materna soverchiante. abbondantemente soverchiante, contro cui una parte dell’Anima di Puccini si ribella: ma questa immagine materna vince, per cui queste fanciulle, come rivali, devono morire.Interessanti sono le memorie degli amici di Puccini. che ci raccontano come nascevano queste opere. In questa grande casa. gli amici, in una stanza accanto a quella dell’autore, giocavano a carte, mentre Puccini componeva al pianoforte. Ogni volta che «partoriva» una romanza li chiamava e gliela faceva ascoltare; ed erano quasi sempre scene nelle quali l’eroina moriva e lui accompagnava la musica piangendo. perché non poteva salvarle? Qualcosa in lui gli impediva di salvare la protagonista ed un’altra parte di sé gli impediva di essere sereno, distaccato; perciò le fanciulle morivano con il pianto dell’autore.Ed anche la melodia stessa di Puccini è ad un passo dalla maniera, dal sentimentalismo, dalla morbidezza ricercata: sono melodie che tendono al «minore», con vari discendenti. e ispirano un certo languore. Così, quando dobbiamo definire la musica di Puccini, usiamo dei termini che non possono essere adatti per la musica di Verdi, che ha una dominante marziana; la musica di Puccini ha una dominante lunare,tipicamente femminile, dolce, morbida, avvolgente.Ed infatti, nell’ultima opera, Turandot, quando chiama i fantasmi fuori dall’inferno, rappresentati dalla protagonista, che è questa meraviglio-sa statua di ghiaccio, nel momento in cui dovrebbe cantare l’amore che di-sgela la morte, non ci riesce e muore. L’ultima opera rimane incompiuta. E dove muore Puccini? Muore dopo aver composto la morte di Liù. Come doveva proseguire l’opera? Il principe ha vinto gli indovinelli, mentre lei, la dea lunare fredda, si commuove con la morte della schiava ed accetta di sposarlo. È presente un tema di gioia, che Puccini non riesce a mettere in atto. Curiosa questa fine perché il personaggio femminile si sdoppia, mentre il compositore muore con la morte del suo personaggio più amato.
Quindi, se trovate una Luna alta, come nel caso di Puccini, certamente rappresenta la popolarità, il successo, la folla, il denaro. che non sono sicuramente mancati nella vita del compositore; si tratta infatti di una bella Luna. Ma è la produzione stessa ad essere legata in qualche modo al femminile.
Luna come morte
Come la nascita è lunare, anche la morte è lunare. Si sa che c’è un epoca del concepimento, ci sono i famosi nove mesi, che corrispondono a dieci mesi lunari, infine si nasce con una certa Luna. Un’antica regola, però mai del tutto provata, afferma che c’è un rapporto fra Luna ascendente al concepimento e Luna ascendente alla nascita; ma poiché il momento del concepimento non lo si può definire con certezza, potendo esso avvenire anche molte ore più tardi dal momento del rapporto, questa regola rischia di rimanere una pura ipotesi.Però chi ha esperienza in astrologia sa bene che, come si nasce con una certa Luna, così si muore con una certa Luna; l’ultimo «tocco» è sempre lunare. Non importa se utilizzate le rivoluzioni solari, le primarie, le secondarie, le armoniche; l’ultimo tocco, l’ultimo soffio è sempre dato da un transito lunare. Un mio amico chirurgo mi racconta che in genere si tende a morire in due fasce orarie del giorno: all’alba e al tramonto. Coloro che muoiono serenamente, anche dopo una lunga malattia, scelgono di morire all’alba. L’alba, non corrisponde al levare del Sole, ma si verifica circa due ore prima; il levare del Sole corrisponde all’aurora, l’alba etimologicamente si verifica quando l’orizzonte schiara, quindi circa due ore prima del le-vare del Sole. In questo momento il Sole si trova in seconda casa, dunque casa di Toro, casa di pace; e infatti queste sono morti serene. Qui la Luna funziona come una madre, che dice: «Va, figliolo!». Molte volte nel morente si avverte anche un leggero miglioramento prima della morte: è quella dolcezza prima dell’ultima ora.Coloro che muoiono con difficoltà, combattendo fino all’ultimo, muoiono a metà del pomeriggio, esattamente 12 ore dopo. Il Sole in questo caso si trova dall’altra parte in posizione opposta, in ottava casa, casa dello Scorpione. La parola agonia vuoi dire infatti lotta, quindi sofferenza, sudore, conflitto, tormento.L’ultimo soffio lunare esiste sempre, questo lo racconta anche il mito, le Dee della vita sono bianche, così come le Dee della morte. Le tre Parche indossano abiti bianchi, una prende il filo della vita, l’altra lo avvolge intorno al fuso, la terza lo taglia.L’inizio è bianco e lunare, così come la fine bianca ed ancora lunare. Inoltre quando Omero parla della Parca al singolare, si riferisce sempre alla terza, quindi la Parca in Omero significa la Morte, cioè Atropo, colei che non permette più al fuso di volgersi e che interrompe il ciclo.C’è un taglio alla fine della vita che ci fa sospettare che esista una strana analogia fra la Luna e Saturno: infatti la falce è saturnina. Il vecchio con la falce è l’immagine classica di Saturno. Come si nasce con un taglio del cordone ombelicale, così i mitici raccontano che si esce dalla vita con il taglio di un filo. Anche Virgilio ci descrive qualcosa di analogo, quando parla della morte di Didone, che si colpisce malamente con la spada vicino al rogo e rimane oscillante fra la vita e la morte. Allora Giunone, che ne ha pietà, manda una dea che le svella dal capo il «capello» della vita: in questo caso si tratta di un capello (non più un filo), ma è sempre qualcosa di estremamente fragile, tolto il quale, la vita finisce.
(per ulteriori approfondimenti e altri interessanti articoli di Mario Zola clicca su : ARCHIVIO CIDA-DANTE VALENTE
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