Le stelle dimenticate: il poema ASTRONOMICA di Manilio

“La conoscenza delle leggi naturali deve secondo Manilio condurre all’accettazione del destino assegnatoci: sicchè egli, nel proemio del libro IV, esorta gli uomini con un’apostrofe solenne:”

Liberate i vostri animi, o mortali, alleviate gli affanni,
svuotate la vita di tanti, inutili lamenti. I fati reggono il mondo, tutto è determinato da leggi precise,
e le lunghe età sono segnate da vicende prestabilite.
Nascendo moriamo [nascentes morimur] e la fine dipende dall’inizio
“.
(IV, 12-16)

“Le stelle dimenticate: la riscoperta del poema ASTRONOMICA di Manilio”, è il tema di una conferenza internazionale che sarà tenuta presso la Columbia University di New York il 24-25 ottobre 2008. La presenza di un folto gruppo di docenti e accademici di vari paesi, come America, Canada, Germania, Francia è una garanzia di successo. Il soggetto è quanto mai moderno e attuale: l’astrologia.

“L’Astronomica di Manilio è un poema didattico di natura stoica sull’astrologia che si ritiene sia stato scritto nel 9-16 d.C. circa, sotto Augusto e Tiberio. Il poema offre una grande opportunità per lo studio di diversi orientamenti di pensiero, in relazione al suo genere e alla sua intertestualità, il suo sottofondo filosofico, intellettuale e socio-politico; e tuttavia, se non fosse per alcune notevoli eccezioni, il poema è stato ampiamente ignorato, specialmente dagli studiosi Anglofoni, il cui silenzio farebbe pensare a un’adesione al punto di vista vecchio stampo secondo il quale l’Astronomica è un’opera troppo difficile da leggere e riassumere e/o piena di contraddizioni, errori astrologici ed omissioni.”

In un bellissimo passo della sua opera (V, 734 e seguenti), egli paragona l’ordine delicato della natura alla struttura gerarchica della società umana:

E come è suddiviso il popolo nelle grandi città, ove i senatori occupano il posto più elevato e il più vicino a questo i cavalieri, e tu potresti vedere i cittadini seguire i cavalieri e il volgo senza qualità i cittadini e poi la folla senza nome, così anche nell’universo c’è una forma di stato fatta dalla natura, che ha creato nel cielo una città“.

E’ un’opera non difficile, ma molto ricca di elementi mitologici, a parte le conoscenze astronomiche che sono fondamentali per il discorso che Manilio sviluppa. Una cosa è certa, molti astrologi moderni hanno letto “Astronomica” e ne tengono conto nei loro oroscopi che vanno quotidianamente illustrando in televisione e nei giornali. Ovviamente occorre tener conto delle conoscenze astronomiche dell’epoca di Manilio, molto diverse da quelle moderne. Eppure il nucleo centrale della sua esposizione è ancora condivisibile, anche se da un punto di vista generale.

Quella di Manilio viene allora a configurarsi come una scoperta sensazionale: la commistione di ammaestramenti filosofici inerenti la struttura dei cieli e versi poetici. E la scienza del cielo rivela all’uomo il proprio destino, perché ormai “conosciamo abbastanza la natura, possiamo penetrarvi fino in fondo, impadronirci del cielo che ci dà la vita, muoverci fra gli astri, noi che dagli astri fummo originati”. Tale professione di fede spiega perché Manilio possa parlare di stelle con tanta passione poetica: penetrandone la natura, l’uomo soggiogato dal destino ridiviene padrone di se stesso, non già perché possa mutare la fortuna, bensì in quanto può conoscerla. Spetta all’uomo (e a lui soltanto) disgelare i serrami della natura celeste e della ragione cosmica, giacché solamente l’uomo partecipa massimamente di tale ragione (questo passo piacque molto a Goethe):

Chi potrebbe conoscere il cielo se non per dono del cielo,
e trovare Dio, se non chi partecipa della divinità?
E questa vastità della volta che si estende senza fine,
e le danze degli astri e i fiammeggianti tetti del cielo,
e l’eterno conflitto dei pianeti contrapposti alle stelle,
chi potrebbe discernere e racchiudere nell’angusto petto,
se la natura non avesse dato alla mente occhi così potenti
e non avesse rivolto a sé un’intelligenza ad essa affine,
e non avesse ispirato un compito così alto, e non venisse dal cielo
ciò che ci chiama al cielo, per partecipare ai sacri riti?

(II, 115-125)

(L’articolo è un sunto ricavato dalla lettura di Latino e Filosofico.net)

Per le informazioni sulla conferenza  e altre osservazioni clicca su: LATINO

Per la parte più storica e dettagliata su MANILIO clicca su filosofico.net

Per una rapida panoramica sulla vita e il pensiero di Manilo andate su: filosofia.studentville.it

L’opera

Il poema didascalico intitolato Astronomica (Poema sugli astri),è in cinque libri; da esso apprendiamo che Manilio visse sotto Augusto (a cui l’opera è dedicata) e, in parte, sotto il suo successore Tiberio.

 

..nacque da un profondo senso di angoscia metafisica e psicologica. Per vincere questa angoscia, Manilio conobbe un solo mezzo: indagare i segreti della natura (che è “divina”, come l’uomo), portandoli alla più estrema chiarezza intellettuale. Spiegando questi misteri, Manilio trovava dovunque i segni della necessità che guida tutte le cose. La venerazione della necessità faceva discendere la quiete nell’animo inquieto di Manilio e dei suoi contemporanei. Oggi, siamo abituati a trovare in ogni giornale oroscopi astrologici. Ma chi voglia conoscere la grandezza del pensiero astronomico-astrologico, legga Manilio, con le sue descrizioni dei caratteri umani dipendenti dagli astri: meravigliose per penetrazione psicologica e ricchezza di rapporti. Con arte squisita, Manilio disegna i tappeti del cielo; e dal cielo guarda tutte le regioni della terra, tutte le attività umane, tutte le minime vicende della storia e della vita quotidiana. Ogni cosa ha rapporto con le altre: tutto forma un’architettura. Usciamo dalla lettura del suo poema, così complesso e variegato, con l’animo pieno di reverenza.

Per maggiori approfondimenti andate su  www.liberonweb.com

Buone riflessioni,cari viandanti...

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